Con occhi torbidi e innocenti
Laura Betti ha attraversato l’industria culturale italiana del Dopoguerra con passo felpato, da giaguara, affermando un nuovo modello d’attrice. L’amicizia creativa con Pier Paolo Pasolini ha rappresentato un banco di prova per il suo talento e ha rivelato la natura paradossale del suo animo, sempre pronto a nuove metamorfosi. Questo studio ricostruisce il profilo divistico di Betti con l’intento di segnalare la profonda qualità del suo stile di recitazione, analizzato nel contesto del cinema pasoliniano. Grazie alla inconsueta intesa con il regista-scrittore, i ruoli incarnati sullo schermo offrono angolazioni diverse della maschera di «pupattola bionda», votata a un principio di mutevolezza che la rende unica nel panorama del secondo Novecento.
Stefania Rimini - insegna Storia e critica del cinema, Culture cinematografiche contemporanee e Modelli della serialità televisiva presso l’Università di Catania. I suoi principali interessi di ricerca riguardano i rapporti fra cinema, teatro e nuovi media, la recitazione, i Queer e i Gender studies. Fa parte del comitato scientifico del CRAD- Centro ricerche su attore e divismo di Torino. Ha pubblicato, tra gli altri, i volumi: Every body needs some body… Figure del desiderio e linguaggi della visione (Kaplan, 2019); L’etica dello sguardo. Introduzione al cinema di Kieslowski (Liguori 2000); La ferita e l’assenza. Performance del sacrificio nella drammaturgia di Pasolini (Bonanno 2006); ImmaginAzioni. Riscritture e ibridazioni fra teatro e cinema (Bonanno, 2012); Le maschere non si scelgono a caso. Figure, corpi e voci del teatro-mondo di Vincenzo Pirrotta (Titivillus, 2015). Ha curato i volumi: Una vernice di fiction. Gli scrittori e la televisione (Duetredue, 2017); Un estratto di vita. Goliarda Sapienza fra teatro e cinema (con M. Rizzarelli, Duetredue, 2018); Universo Gomorra. Da libro a film, da film a serie tv (con M. Guerra e S. Martin, Mimesis, 2018). Dirige, con Maria Rizzarelli, «Arabeschi. Rivista internazionale di studi su letteratura e visualità».
Francesco Mattana su «il Giornale» del 4 giugno 2021